maggio
giorni (e giorni) in cui sono amplificata, i palmi aperti come papaveri.
le mani tese alla gente d'Abruzzo.
un solitario acceso
una magnifica presenza
oppure chilometri di sfida
mura e mura infittite
a latere i binari.
ho come la sensazione di aver percorso un lungo viaggio,
di certo una giornata impegnativa.
incontro più d'una donna muta sul treno da Vasto verso Torino,
o forse quella sono io.
certe speranze
cucite all'anulare
hanno la luce dei papaveri
ravvivano il pallore
di mano pudica.
una è composta nei gesti, un'altra si agita,
il suo corpo intero governa scatti e tensioni.
impressionante sarebbe provare a contenere la sua energia vibrante.
è tutta coinvolta in questa semplice azione, il parlare.
se nella distesa di rosso
la moltitudine è cosa fragile
non la puoi toccare
non stringere.
taci.
facile per qualcuno, difficile per qualcun altro. la vita.
il discorso mi incuriosisce fin troppo.
poi arriva l'eco di bambina a coccia capaball.
inchinato al mare
è l'Abruzzo ringiovanito
o forse quella sono io
da una parola in più
a tre in meno.
qui, ti amo.
maggio
oggi fa come una di quelle cose che a crederci davvero poi ci perdi dentro le parole.
qualcuno le raccoglierà?
questi sono fiori maledetti
bei principi
colorati d'impunito
rispuntati al nonnulla
forti e gentili
vibrazioni a steli di libertà.
(Eva Laudace, amatrice abruzzese)